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LA ZUCCA VUOTA

Mezzanotte di un’illusione.

Ogni giorno barconi stracarichi di occhi riversano vite affamate sulle coste del Sud Europa. Spesso arrivano gonfie d’acqua e di sale e non sono più vite. Spesso non arrivano nemmeno ed è come se non fossero esistite mai. Cancellate da un’onda, evaporate al limite dell’Equatore. Gli animi si sconvolgono nel vederle arrivare. C’è chi ne ha ribrezzo e paura, chi sente minata la tranquillità delle proprie città, chi ha l’angoscia di dover dividere con loro lavoro e pane. C’è chi ha compassione, accoglie, aiuta, si spende. C’è chi si sforza di capire, si istruisce e allena alla tolleranza. C’è chi insiste che anche noi siamo stati migranti in massa, un tempo. Ma non è la stessa cosa. Chi arriva oggi non è solo colui che abbandona una vita misera e sacrificata per cercare lavoro o fortuna altrove. Non lascia la banchina salutando col fazzoletto il molo nero di madri, non sente gridare il suo nome da qualcuno che lo saluta col braccio teso mentre già è lontano. Parte di nascosto, come un ladro, un topo, un fantasma. Le odierne ondate migratorie hanno regole nuove che fatichiamo a capire. E’ un fenomeno che appare incontrollato e incontrollabile, se ne avverte il clima di violenza, corruzione e ingiustizia che lo governa. Aleggiano disperazione e senso di impotenza, impera un male oscuro di cui è difficile tracciare l’ identità. 
Questo lavoro teatrale è una storia di aspettative deluse, di sogni minimi, di naufragi e di sogni di salvezza. Non ha la pretesa di far luce sulla verità, tanto meno la presunzione di segnare linee di condotta. Si augura semplicemente di riuscire a pennellare i tratti di questa umanità naufraga, uomini e donne in cui ci si possa specchiare, riducendo la distanza tra “noi” e “loro”.

 L’ALLESTIMENTO

In un luogo di nessuno, una discarica a cavallo tra terra e mare, undici personaggi attendono di partire. Non hanno più passato né identità, vivono come topi nella trappola della speranza. Sognano un’occasione di salvezza e provano ad immaginare la società perfetta, utilizzando quel poco che hanno a disposizione: qualche straccio, qualche ricordo, un’immagine non corrotta di democrazia e giustizia sociale, qualche pugno di semi di zucca rinsecchiti. Semi che sono cibo, merce di scambio e di ricatto, denaro sonante nelle tasche degli approfittatori. Semi in grado di generare una zucca che si trasformi in carrozza e li conduca verso la terra delle opportunità. Ma è a mezzanotte, all’apice del sogno, che arriva Cenerentola a spaccare la zucca, a scardinare l’illusione: straniera fra gli stranieri, clandestina fra i clandestini, ultima fra gli ultimi, farà ondeggiare le coscienze degli altri personaggi tra rifiuto e volontà di accoglienza, disorienterà le loro convinzioni e li vedrà dibattersi tra spirito di solidarietà e timore di perdere i propri averi, spazi, diritti, privilegi, sicurezza. Una giostra di identità da cui si vuole tenere fuori il pregiudizio, un violento gioco di specchi tra mondo di partenza e mondo di arrivo, che non vuole condannare nessuno dei miseri personaggi, ma il folle e crudele sistema che ne governa bisogni e illusioni.

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